Seconda opera di Mari che leggo, sempre grazie a un prestito della mia amica Marina, che lo venera. Ed è impossibile darle torto: se in Filologia dell'anfibio c'è ironia, gusto dell'assurdo, calembour, in questa raccolta di poesie c'è amore folle e disperato, conquista, separazione, strazio e dolore. Insomma, tutti gli elementi che ci si aspetta da una raccolta di poesie!
Confesso a tal proposito che io trovo solitamente orripilante la poesia contemporanea. È un mio limite, lo so, ma quando leggo poesie contemporanee mi si accappona la pelle, mi vengono i sudori freddi, divento nervoso e (di solito) vorrei strozzare il poeta o presunto tale. Ebbene, in questo mirabile caso non è andata così: Mari riesce a recuperare una forma poetica non solo accettabile ma decisamente affascinante. Riesce a collegarsi in qualche modo alla tradizione poetico-cavalleresca, senza risultare falso, anacronistico o stucchevole. Questo per me è segno di indubitabile grandezza. E vi assicuro che mi sono accostato a queste cento poesie d'amore carico di una buona dose di scetticismo. Ma mi dichiaro vinto, felicemente vinto!
5 stelle
Ah, dimenticavo: ecco la poesia che ho preferito:
Come un serial killer
faccio pagare alle altre donne
la colpa
di non essere te
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