lunedì 6 ottobre 2008

Resoconto di viaggio: Sud Africa, Botswana, Zambia

Siamo tornati. Questo è deprimente. Passiamo quindi alle buone notizie: la prima è che abbiamo pubblicato su picasa 3 album fotografici interessanti:
>> Antemprima Africa 2008 (fatto di corsa guardando al volo le foto nell'unico giorno passato a casa, ovvero il 13 agosto, prima di partire per l'Abruzzo)
>> Africa secondo Anna
>> Africa secondo Aldo (le foto di partenza sono le stesse, ognuno ha fatto la propria selezione - io che sono pazzo ho messo anche le didascalie...)
Userò queste foto come guida per raccontare un po' di questo incredibile viaggio. Il mal d'Africa ci attanaglia!

L'arrivo
Il viaggio è lunghissimo. Partiamo da Malpensa, facciamo scalo a Zurigo, poi viaggiamo verso Johannesburg. Qui incontriamo un corrispondende locale della nostra consigliatissima agenzia Southside di Milano (mitica Roberta, ci ha preparato un viaggio coi fiocchi, grazie ancora!) che ci consegna i voucher (nostro incubo per il resto della vacanza: non vanno persi!) che ci permetteranno di vivere. Primo impatto con il Sud Africa impressionante: vado a cambiare 200 euro e mi ritrovo 5 persone praticamente in braccio mentre sono allo sportello che osservano. Poi scoprirò che è Jo'burg ad essere particolarmente inquietante in tal senso. Proseguiamo per Cape Town dove arriviamo dopo 18 ore di viaggio, stravolti ma felici. Prendiamo subito possesso della nostra fantastica Polo bianca a noleggio e partiamo per la città. La guida a destra offre le sue difficoltà, ed Aldo, prescelto driver provetto, ha molti dubbi sulle precedenze. Dubbi che si scioglieranno solo a metà vacanza inoltrata (è così per tutti o sono particolarmente impedito io?)

Cape Town
La nostra sistemazione nella "Mother city" è il paradiso, ovvero la Walden House, casetta in stile coloniale in un elegante quartiere con vista sulla Table Mountain. Ce ne innamoriamo subito, appena entriamo in stanza. Il letto è coperto di petali di fiori e la cortesia africana ci stordisce. Tutto troppo bello. Ma diviene ancora meglio la mattina dopo quando esordisce la prima colazione sudafricana, con uova al bacon e altre bontà prelibate. In breve decideremo di rendere la prima colazione il pasto principale della giornata: spesso è compresa, altrimenti è economica ed èincredibilmente abbondante. Gnam gnam. Una nota di colore sul cibo sudafricano: è meraviglioso. Si mangia benissimo (w il braai, ovvero il barbecue: tutto ciò che si può grigliare viene grigliato) e si beve meglio.
Da Cape Town facciamo una gita alla Cerderberg Wilderness area, un luogo incontaminato dove la natura vince sull'uomo 4-0. Cerchiamo i graffiti dei San, che non troviamo, ma torniamo a casa felici e carichi di tè rosso e caramelle di frutta comprate in un luogo improvabile e per questo ancora più bello (foto a lato)... Troviamo anche struzzi allo stato brado e fiori da mozzare il fiato. Al ritorno la montagna è coperta dalla famosa tovaglia (una nuvola che la copre, la metafora è davvero azzeccata). Ceniamo nelle Winelands, in un luogo troppo turistico per essere bello. Il braai però è eccellente, e i sapori agrodolci della cucina malese del Capo fanno sognare Aldo (per inciso: non avevo mai mangiato lo struzzo, è ottimo!)
Sempre da Cape Town "escursioniamo" fino ad Hermanus, approfittando di una meravigliosa giornata di sole. Incontriamo per strada un enorme gruppo di babbuini che gioca, incurante delle auto. Ci faremo l'abitudine: sono ovunque, non vanno nutriti (ci sono cartelli ovunque!) e fanno molto ridere. Nella baia di Hermanus le balene australi si danno appuntamento galante, ogni anno, per accoppiarsi. In una baia tutto sommato piccola è un vero pullulare di code, pinne, schiene colossali che si inabissano. Al pensiero che lo scorso anno in Islanda avevamo pagato centinaia di euro per la gita in barca a vedere (da lontanissimo) le balene ci innervosiamo: qui gratuitamente ne vediamo (da vicinissimo) un numero inaudito. L'escursione prosegue per la spiaggia di Boulders, dove una colonia smisurata di pinguini "Jackass" ha stabilito la propria residenza. Il numero è impressionante, e fanno molto ridere, coi loro movimenti ballonzolanti. Venire via è molto difficile. La sera ceniamo da Mama Africa, un luogo turistico ma imperdibile in centro a Cape Town, dove proviamo il coccodrillo (sa di pollo: pollodrillo) ma non abbiamo il coraggio di mangiare i vermi mopane, molto amati dalla Sig.ra Ramotswe...
Il nostro ultimo giorno a Cape Town lo dedichiamo alla visita della città, con una puntatina al Waterfront, il porto-quartiere commerciale, dove ammiriamo le evoluzioni delle foche. Il mio animale preferito, a 5 metri scarsi da me! La nostra infanzia con Piero Angela pesa, e siamo visibilmente eccitati! La funicolare per la Table Mountain è chiusa, proviamo a salire a piedi ma il cartello che si vede in foto terrorizza Aldo, che si blocca e pretende di tornare alla Walden House!

Durban e lo Hluhluwe-Umfolozi Park
Ci trasferiamo con un volo interno a Durban, per una giornata di relax sull'oceano (pur terrorizzato dalla presenza di squali bianchi, molto sbandierata, ho fatto il bagno nell'Oceano Indiano, l'unico che mi mancava! Secondo Anna più che di bagno trattavasi di doccia oceanica, nel senso che io stavo fermo, ed enormi onde mi sommergevano completamente). Nonostante sia inverno si può fare il bagno: la corrente calda scalda le acque e di giorno ci sono 30 gradi. L'albergo è stupendo, e se si esclude che Anna tenta di permutarmi per un cameriere mozambicano (riconosco: molto bello) tutto procede per il meglio.
Nel frattempo abbiamo cambiato auto, e ora abbiamo una smisurata Jetta color silver (io manco sapevo esistesse tale vettura...), che il giorno dopo ci porterà a vedere i nostri primi animali "da safari": dopo una crociera nel St. Lucia Wetland Park, dove restiamo basiti ad ammirare le evoluzioni acquatiche degli ippopotami (quanto sono grossi!) e la placidità apparente dei coccodrilli (si vede a occhio nudo che sono cattivi...) arriviamo infatti nel Hluhluwe-Umfolozi Park.
Il parco, molto famoso per i suoi rinoceronti, ci riserva subito una GROSSA sorpresa: mentre guidiamo a tutta velocità (ovvero, nei parchi,a 40 km/h) per non arrivare tardi all'Hilltop Camp (il campo all'interno del parco dove alloggiamo, dove bisogna tassativamente arrivare entro le 18...) ci troviamo la strada letteralmente sbarrata da un enorme fondoschiena: un elefante ha trovato degli ottimi arbusti proprio sulla strada. Ora, noi eravamo preparati, avevamo visto le foto di Alberto e Ale (grandi nostre guide turistiche, non finiremo mai di ringraziarvi per averci attaccato la malattia dell'Africa!), lo sapevamo...ma trovarti a 10 metri da un elefante, per la prima volta, è un'emozione che ci ha lasciato senza fiato. Non riuscivamo a parlare e Anna, di solito molto prolifica con le foto, è riuscita a fare un solo scatto: era bloccata dall'emozione!
Nel parco è possibile fare sia escursioni con la propria auto, sia con i ranger: ti caricano su jeep da 10-15 posti, e ti scorrazzano in giro. Costa relativamente poco (15 euro) ed è un'esperienza davvero positiva: il ranger è un pozzo di conoscenze sugli animali, li sa trovare, segue le tracce, riconosce le feci...insomma è un vero esperto! Ovviamente però è molto emozionante anche scorazzare per il parco per i fatti tuoi, seguendo i tuoi ritmi...le due esperienze si completano a vicenda. Noi, nella nostra follia passiamo praticamente 12 ore in macchina girovagando per il parco e avvistiamo in un giorno 3 "big five": elefanti, rinoceronti, bufali, oltre ad un numero imprecisato dialtri meravigliosi animali, tra cui giraffe, ippopotami, facoceri, impala, gnu...gli altri 2 grandi (leoni e leopardi) si fanno invece attendere.
Nota di colore sull'Hilltop Camp, nostra residenza nel parco: il campo è davvero al limitare del parco, e di notte passano molto vicini alle capanne (soprattutto quelle come la nostra - confinanti con il confine elettrificato del campo) ogni sorta di animali. Momento particolarmente emozionante una notte, in cui sentiamo molto rumore e crediamo sia una scimmia che rumoreggia fuori dal capanno, mentre la mattina dopo, da inequivocabili enormi tracce (ehm...non orme, tracce...) ci accorgiamo che è passato proprio sotto le nostre finestre un rinoceronte!

Swaziland e Kruger National Park
Lasciamo lo Hluhluwe e ci dirigiamo, a bordo della nostra fidata Jetta verso lo Swaziland, piccolo regno indipendente all'interno del Sud Africa. La capitale Mbambane è sconcertante (tutto sembra fuorché una capitale di uno stato - per quanto piccolo) ma i paesaggi rurali che attraversiamo per arrivarci sono davvero gustosi. Purtroppo per me, il regno è famoso per l'artigianato: Anna si scatena, in due distinti mercati Swazi gestiti da simpaticissime signore, che ti "trascinano" dentro la loro bancarella per intraprendere estenuanti trattative. L'artigianato è bellissimo, e i prezzi sono super economici (più che in Sud Africa): acquistiamo regali e regalini per tutti, ma soprattutto per noi; emerge in particolare una maschera meravigliosa che abbellirà le pareti di casa! Il luogo dove dormiamo è in mezzo ad una foresta, e appena lo vediamo malediciamo il fatto di restare qui una sola notte: è allegro, colorato in rosso e verde e dotato di una invitante piscina, che purtroppo non proviamo poiché la sera, quando arriviamo, fa troppo freddo.
Al mattino partiamo presto per arrivare al Kruger: varchiamo il Malelane Gate verso mezzogiorno e ci gettiamo nel parco ricchi di entusiasmo. Immediatamente incrociamo il misterioso osso che si vede nella foto: non capiamo di che animale sia, né che osso precisamente possa essere, ma se - come diceva Godzilla - le dimensioni contano, il possessore di tanto osso piccolo non deve essere (per rendere l'idea, più grande di una testa umana - persino della mia!).
Raggiungiamo il nostro primo rest camp, Pretoriuskop, dove alloggeremo due notti, e prenotiamo subito l'escursione del mattino presto (le 5 che sonno!) per la mattina dopo. Il campo è bellissimo, incredibilmente pulito e lindo, abitato da una colonia di simpaticissimi impala e da molti scoiattoli, oltre alle immancabili scimmie e alle faraone selvatiche. La capanna circolare (il classico roundavel) col tetto di paglia è splendida (ogni capanna ha il suo barbecue - rimpiango di non avere carbonella e carnazza), e il campo offre tutti i servizi che si possano desiderare. La sera le stelle dell'emisfero australe sono mozzafiato, la via lattea sembra solida e la Croce del Sud sembra vegliare su di noi. Ci dedichiamo con pervicacia al safari fai-da-te fino all'ora di chiusura del campo, speranzosi di incrociare il nostro primo leone. Ci va male (in tal senso), ma ammiriamo animali di ogni sorta, in un paesaggio che muta radicalmente da zona a zona. Lo Hluhluwe è bellissimo, ma il Kruger ha un'imponenza e una ricchezza di fauna che spezza il fiato, e una varietà di zone differenti per vegetazione, popolazione, paesaggi sconcertante. Andiamo a letto prestissimo (tra l'altro dopo le 19 al campo non c'è molto da fare...) e ci troviamo alle 4,30 al luogo di ritrovo per l'escursione notturna. Fa molto freddo, ma ci scaldiamo all'udire, molto vicino al campo un suono inequivocabile: un leone che ruggisce! Il ranger che guida la jeep parte subito alla sua ricerca, ma il re della savana si fa desiderare. Verso la fine del nostro giro, però... due leoni maschi con le criniere al vento vengono incontro alla nostra jeep. L'atmosfera è elettrizzante, i leoni sembrano osservare uno ad uno gli occupanti della jeep: è quasi difficile reggere lo sguardo felino. Uno dei due decide di sedersi e di regalarci un piccolo show: sbadiglia (mostrando i dentini...), fa un ruggito, si sdraia (il gattone...), insomma, si lascia ammirare.
La giornata inizia davvero bene, e proseguirà ancora meglio più tardi: dopo colazione infatti prendiamola Jetta e girovaghiamo per il parco tutto il giorno, senza sosta, e in un solo giorno riusciamo ad ammirare tutti e 5 i grandi, compreso un leopardo che consuma serenamente un impala dalla cima di un albero, incurante della folla di macchine che lo osserva estasiata da sotto. Anna mi maledice perché non le ho ancora comprato una reflex digitale e favoleggia di obiettivi superzoom, ma mentre si lamenta fa foto meravigliose (compresa quella alla iena che si vede qui). I tre giorni nel Kruger si susseguono così, tra lunghissime giornate con la nostra macchina, emozionanti ed irripetibili, che sembrano finire sempre troppo presto, mentre si esplora palmo a palmo questo paradiso terrestre e qualche game drive con gli esperti ranger. A tal proposito è necessario ribadire che se è bellissimo poter girare per il parco in modalità fai-da-te, l'esperienza e la saggezza dei ranger rendono l'esperienza, nel suo complesso, molto interessante: sono infatti tutti molto preparati, e disponibili a spiegarti ogni piccolo particolare. Io li stressavo a morte con le mie domande, ma come si poteva evitare?
Durante il nostro soggiorno presso il secondo rest camp in cui abbiamo alloggiato, Satara, abbiamo potuto vivere anche l'incredibile esperienza del safari notturno. Di notte la vita nel parco muta radicalmente, da placida si fa frenetica: i predatori sono a caccia. Incontriamo il raro gatto-civetta, vediamo da lontano altri leopardi che ci scrutano con i loro occhi luminosi, incontriamo ippopotami in quantità che escono dall'acqua per cercare i loro 50 kg di erba quotidiana...ma soprattutto incontriamo due famiglie di leoni (2 leonesse, 2 leoni e 4 tenerissimi cuccioli) che stanno allegramente banchettando con una giraffa. La scena è bellissima e terribile: la giraffa è stata mangiata per metà, e i leoncini giocano coi ciuffi di pelo della coda, alternando poppate di latte materno e un bel morso alle costolettone di giraffa. La potenza di questa scena ci travolge, nessuno sulla jeep riesce a proferire parola.
Il Kruger è ciò che maggiormente ci segna di questo magnifico viaggio, il luogo di cui non ci stancheremmo mai, il luogo in cui - ce lo ripetiamo a vicenda - sia io sia Anna vogliamo tornare.

Dal Kruger a Jo'burg e poi verso il Botswana
Quando lasciamo il Kruger, Anna è praticamente in lacrime. Inizia a rivendicare la sua volontà di lasciare la scuola (nonché l'unico stipendio fisso di casa Torrebruno) e di iscriversi a un corso da ranger. Dobbiamo raggiungere l'aeroporto entro un giorno, e per arrivarci visitiamo un luogo da sogno, ovvero i Luke Bourke's Pothole. Il fiume, scavando nella roccia, ha creato dei crateri perfettamente circolari (a causa dei mulinelli), a breve distanza (lungo una strada che non a caso si chiama Panorama route...) ci sono panorami mozzafiato dai nomi eloquenti: God's Window, The Three Roundavel. Ma noi praticamente non li vediamo, siamo troppo depressi, e neppure lo shopping selvaggio consola la povera mogliettina. Al ritorno a casa, vedendo la foto qui a lato ci diciamo reciprocamente "ehi, ma abbiamo visto questa meraviglia e non la abbiamo quasi notata, tanto era il desiderio di non lasciare il Kruger!". Il giorno dopo un aereoplanino ci porta a Johannesburg, dove ci aspetta la nostra guida, una anziana signora slava, che per i casi della vita (che ci racconta in ogni dettaglio - senza che noi glielo avessimo chiesto, peraltro) parla italiano. Con lei l'autista, un ragazzo che abita a Soweto, decisamente il più sensato tra i due. La gita a Soweto è una specie di pellegrinaggio nei luoghi di Mandela: c'è poco da vedere (anche se non si può restare insensibili alla disuguaglianza sociale che regna non solo sulla città, ma anche all'interno della più famosa township del mondo), ma le emozioni sono violente. Vediamo anche la chiesa della Regina Mundi, con le vetrate che conservano i fori dei proiettili sparati dai poliziotti bianchi, che sapevano che i neri utilizzavano la chiesa per riunirsi e il luogo dell'assassinio spregevole del piccolo Hector Peterson. Nulla di speciale in apparenza, ma sentiamo il peso dell'apartheid mentre siamo li, e vediamo il miracolo che si è compiuto in 14 soli anni. Vediamo un popolo che si sta riprendendo (in alcuni casi purtroppo anche con mezzi poco ortodossi...) ciò che gli hanno tolto. Davvero emozionante. Molto più profana ma egualmente da sottolineare il braai serale del nostro hotel: albergo anonimo vicino all'aeroporto, braai di primissimo livello.
Il giorno dopo partiamo per il Botswana...conosceremo finalmente Mma Ramotswe?

Botswana e Zambia
L'arrivo in Zambia, con aereo-navetta dall'aeroporto del Kruger (col tetto di paglia, giuro!), è una delle cose che - nel complesso del viaggio - mi dimenticherò più volentieri. Aereo piccolo, rollio grande. Arriviamo a Livingstone e un leggendario pullmino ad aria condizionale (se apri i finestrini, scorre) ci attende. La nostra guida è di pochissime parole ma il paesaggio mozzafiato che attraversiamo per arrivare al confine tra Zambia e Botswana va gustato così, in silenzio.
Silenzio che invece è totalmente inesistente in dogana, dove la strada...finisce in un fiume! Ci dicono che qui si incontrano lo Zambesi e il Chobe, purtroppo pur essendo una dogana non c'è un ponte. La fila dei camion è lunga qualche km, e la nostra guida davanti alla mia domanda "ma uno per passare sta qui un giorno intero??" risponde serissimo "no, un giorno intero è impossibile. Una settimana, almeno". In effetti c'è un solo barcone che traghetta, novello Caronte da un capo all'altro del fiume, e non può portare più di un TIR e qualche macchina. Oppure due camion piccoli. Ma qui ce ne sono CENTINAIA! Anche per questo fiorisce ogni genere di commercio, dai generi alimentari alle trappole per turisti. La nostra guida ci abbandona su un barchino nelle mani di Sha, un improvabile Will Smith zambese, che traghetta i turisti vip in pochi minuti verso il botswana. Una volta arrivati alla rive scarica le nostre valigie e se ne va, incurante del fatto che nessuno si prenda cura di noi (e qui ci sentiamo un po' persi). Alla fine un simpatico omino carica le nostre valigie sul suo pullmino, ma ci accorgiamo fortunatamente che la scritta sul lato della macchina non corrisponde al nostro lodge, che si chiama Chobe Marina. Dopo qualche minuto di smarrimento, prima che la disperazione ci attanagli, arriva il pickup giusto, e veniamo portati nel paradiso terrestre, ovvero il Chobe Marina Lodge di Kasane.
Il lodge si appoggia direttamente nel Chobe river (abbondantemente popolato di coccodrilli e ippopotami) e confina col parco Chobe. Veniamo catapultati appena arrivati in una crociera sul fiume. L'impatto, arrivando dalla libertà del Kruger, non è piacevole: siamo stipati sulla nave, e i nostri compagni di viaggio sono per il 99% addobbati da turisti-da-safari e anziché godersi il luogo pensano a quanti gradi centigradi deve essere la lattina di birra che stanno stappando. Molto male. In compenso vediamo meraviglie di ogni genere, e una quantità spropositata di elefanti. Una elefantessa si esibisce nell'attraversamento del fiume, una scena irripetibile. Non tocca, ma non vuole nuotare (pur sapendolo fare, ci assicura la nostra fantastica guida); preferisce "rimbalzare" sul fondo del fiume, emergendo ad ogni balzo con la proboscide. Scena mozzafiato. Vediamo altri animali molto vari su una sponda e sull'altra del fiume, all'incrocio tra Botswana e Namibia. Qui ci sono delle mandrie di dimensioni bibliche: centinaia di elefanti tutti insieme, migliaia di antilopi o di bufali...scene da documentario sotto i nostri occhi!
Siamo però concordi che la gita in battello possa essere evitata: nei prossimi due giorni ci dedicheremo massicciamente ai safari, che sono previsti al mattino presto e alla sera tardi.
La soddisfazione dei safari al Chobe è notevole: iranger sono bravissimi e tutto è molto ben organizzato. La tristezza, dovuta al fatto che stiamo per lasciare l'Africa, si fa giorno per giorno palpabile. Uno degli ultimi giorni facciamo una passeggiata nella cittadina che ci ospita, Kasane. Un non-luogo incredibile. Dopo le 18 non si può aggirarsi per la città: il parco è troppo vicino e non è recintato, quindi sarebbe pericoloso. Anche di giorno ci si imbatte in facoceri che "visitano" la città...se di città si può parlare. Due supermercati, cui accorre la popolazione proveniente dalle sterminate distese rurali che circondano Kasane, un solo bancomat che serve centinaia di persone (facciamo una coda di mezz'ora per prelevare!). Però la gente è fantastica, tutti gentili e pronti ad aiutarti, a fornirti indicazioni...in città siamo davvero gli unici due bianchi, i bambini ci osservano come una rarità o una curiosità (ciò che stupisce è che nessun altro turista sia uso mettere fuori il suo naso dal lodge...). Anna trova un mercatino improvvisato e si scatena nelle penultime spese, confessando poi che si sarebbe portata volentieri a casa anche lo scultore (e me lo dice, spudorata!)...
Dopo l'ultimo safari, che si conclude gloriosamente con uno stormo di avvoltoi e alcuni sciacalli intenti a finire un teschio di bufalo, partiamo per lo Zambia: il viaggio di ritorno è cominciato. Tralasciando la consueta, avventurosa, traversata della frontiera, arriviamo vittoriosamente a Livingstone, ex capitale dello Zambia, dove alloggiamo in un albergo superlusso (dove ci sentiamo un po' fuori posto...) immerso in un piccolo parco (sovrap)popolato di scimmie. Ci sono anche alcune zebre e degli impala che scorrazzano fuori dalla stanza, molto emozionante. Le scimmie già di primo mattino "bussano" alle finestre per chiedere cibo, e alcuni camerieri sono costretti a vigilare su di loro affinché non dilaghino nelle stanze. Contravvenendo a tutti i divieti, lanciamo loro un'arancia, e la scena è meravigliosa. A colazione le ritroveremo scatenate a rubare tutto il rubabile, dalle bustine di zucchero ai toast avanzati, ai tovaglioli...
La maggiore attrazione di Livingstone sono ovviamente le Cascate Vittoria, uno spettacolo naturale che ha pochi paragoni al mondo. Ci spiegano che adesso siamo al termine della stagione secca, per cui le cascate sono quasi asciutte...non si direbbe proprio, sono maestose ed imponenti, davvero meravigliose.
Alcuni pazzi si lanciano in gommone alla base delle cascate, altri attraversano a piedi il fronte...noi ci limitiamo a restare sui ponti ad ammirarle estasiati. Concludiamo la gita in Zambia con una passeggiata a Livingstone, con lunga sosta al mercato artigianale. Qui ci raccontano delle difficoltà di trovare vestiti, e riusciamo ad acquistare una tovaglia per (pochi) dollari e una felpa del Decathlon. Per il ragazzo che ce la vende sembra essere meravigliosa, e ci svela che in Zambia sono quasi impossibili da trovare: lui baratta coi turisti l'artigianato locale coi vestiti. Difficile spiegare cosa si prova, mentre ci racconta che una sua sorella non può più andare a scuola perché le manca il materiale didattico di base: penne e quaderni. Rimpiangiamo di non avere neppure una penna, vorremmo regalargliene una cassa...se qualcuno che legge prevede di andare in Zambia, si porti un po' di matite e penne, e le doni ai ragazzi che vendono artigianato al mercato: non abbiamo idea di quanto possano servire!
Inutile dire la malinconia e la tristezza che abbiamo nel cuore lasciando l'Africa...un viaggio che vogliamo ripetere al più presto, un viaggio da sogno, da consigliare a tutti.
Qualche nota a margine:
- Il Sud Africa è un luogo meraviglioso e le strutture turistiche sono ottime. C'è tutto e non ci sono pericoli. L'agenzia SouthSide di Milano è un ottimo punto di riferimento: sanno il fatto loro e sono bravissimi.
- Per il nostro gusto, i parchi pubblici sono più entusiasmanti delle riserve private. Maggiore libertà, meno comfort, più contatto genuino con la natura. Nel Kruger è consigliabile visitare almeno 2-4 campi: sono molto diversi tra loro e meritano la visita. Satara è splendido.
- Il cibo sudafricano è meraviglioso. Uno dei pochi posti al mondo dove non si rimpiange la cucina di casa. Soprattutto i braai sono leggendari: tutto ciò che si può grigliare, che cammini, strisci, voli o nuoti viene grigliato con sapienza. I vini sono indimenticabili. E il tutto è molto economico. Un consiglio? Colazione sudafricana (è un pranzo), spuntino leggero nel pomeriggio e poi cena. Molti diffusi i buffet abbuffiferi!
- Non ci siamo mai sentiti in pericolo. Però non mi piacerebbe essere a Jo'burg senza guida! In Botswana e Zambia si può passeggiare anche di notte senza nessun pericolo. La gente è cordiale e molto simpatica. Praticamente tutti parlano e comprendono l'inglese meglio di me (non ci vuole molto). Ci è capitato più di una volta che alcuni ragazzi ci dessero un "cinque" in giro, o che ci ringraziassero esplicitamente perché stavamo visitando il loro paese. Una sensazione bellissima.
- Gli animali visti da 5 metri...non ci sono parole per descrivere la sensazione. Nulla poi ti sembra più come prima. A un mese e mezzo di distanza, a volte mi fermo a pensare e il mal d'Africa si insinua, sottile, tra le pieghe dei ricordi, e mi sembra di rivedere il sole che tramonta dietro ai baobab...un viaggio che consiglio a tutti!

Ultima riflessione, fatta rileggendo il post: ho sempre pensato di avere facilità di scrittura e proprietà di linguaggio, ma descrivere quel piccolo pezzo di Africa che abbiamo visitato, mi rendo conto, mi ha costretto a dare fondo a tutti i superlativi assoluti che conosco! Beh ciò che abbiamo visto è proprio così: superlativo ed assoluto!

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