venerdì 6 marzo 2015

Follie di Las Vegas 4 episodio

Ed eccoci arrivati al penultimo episodio di questo diario di un (non più) giovane (più o meno) ricercatore a Las Vegas. Sonno le 10 del mattino, ieri è stata una giornata pesante, ma il peggio deve arrivare: per due notti di fila, infatti, sono destinato a dormire in aereo (sperando di riuscirci) a causa della mia pazzia. Infatti stanotte viaggerò da Las Vegas al JFK, sperando che il video dell'aereo che scivola sulla pista e quasi finisce nello Hudson, che circolava ieri - ma era il La Guardia, non il JFK! - sia ormai storia e che abbiano pulito la pista d'atterraggio. Poi passerò l'intera giornata facendo il turista nella Grande Mela (i'm an italianman in New Yoooork) e passerò la notte tra il JFK e Malpensa. Lo so, è un gesto folle, ma l'idea di avere un giorno di turismo nella città più incredibile del mondo mi faceva troppa gola!

Ieri intera giornata dedicata alla conferenza. Sentite moltissime cose interessanti, tra cui spicca l'eccezionale workshop tenuto da una ricercatrice di un'università dell'Ohio, la quale mostrava un set di attività da fare in classe usando Google Drive. Tecnnologicamente banalissima, la faccenda ha però un fondamento pedagogico di tutto rispetto. Grande lavoro preparatorio, ma grande soddisfazione: ovviamente perchè funzioni occorre avere tutta la classe con un dispositivo connesso. Ma qui oramai tutti danno più o meno per scontato il paradigma del BYOD e fine della discussione. Tra l'altro questo genere di attività e il tipo di lavoro che lei fa riecheggiavano anche stamattina nelle parole del Keynote speaker, il prof. Gee, il quale ha affermato:

"Educators don't need to fear becoming redundant unless they limit themselves to what artificial tutors can do"

Un concetto notevole, no? Tornando a ieri, a pranzo abbiamo commesso un grave errore: abbiamo pranzato da hash house a go go, un posto very american che è interno all'albergo (su questo non c'è scelta, il Rio non è sulla strip, ma è in the middle of nowhere e quindi o mangi qui, o devi prendere un taxi per andare sulla strip). I piatti erano degni di man vs food, e decisamente ha vinto il food: abbiamo spazzolato tutto, sì, ma poi eravamo delle mummie, la fase digestiva è stata realmente complicata. Vi do un'idea con un paio di foto
Il mio chicken fried con sopra e sotto di tutto

Il nostro gruppo di italians affronta la situazione

Nel  pomeriggio abbiamo fatto in tempo a seguire un simposio di due ore gustosissimo (ma io morivo di sonno digestivo) sul TPACK model, e ho conosciuto l'altro volto di questo modello pedagogico che è davvero la koiné del periodo, ovvero Mattew Kholer, autore col mio amico Punya Mishra dell'articolo che ha di fatto lanciato il TPACK. Ho così scoperto che noi abbiamo assolutamente bisogno di un modello per inscatolare concettualmente i risultati che otteniamo coi nostri progetti. Qui i numeri che noi facciamo mettono paura: quasi tutti i paper parlano di numeri incredibilmente più bassi. C'è spazio per lavorare su questo aspetto e bisognerà farlo. Questo introduce a un piccolo excursus:

--EXCURSUS--
Come sempre quando vengo alle conferenze recrimino sulla mia storia professionale. Avrei molto da dire e da dare come ricercatore e invece sono costretto per campare a fare il tecnico amministrativo per la maggior parte della mia giornata, lasciando la ricerca confinata alle ultime ore della giornata o al weekend. Forse dovrei provare a fare un PhD, e tornare alla ricerca. O forse c'è qualcosa di intrinsecamente sbagliato, se il mio lavoro di ricerca ottiene riconoscimento a livello internazionale, ma ciò non è sufficiente per garantirmi una posizione di ricercatore a tempo pieno in Italia. Ogni volta mi viene la tentazione di emigrare, ma non ho il coraggio di farlo, e così mi tengo la mia recriminazione e vaffanculo. Vabbé, lasciamo da parte l'amarezza e proseguiamo
-- FINE EXCURSUS--

Alle 5 del pomeriggio i due grandi capi se ne vanno, per tornare in patria e io vado a fare le veci del boss all'incontro tra tutti i responsabili dei SIG (Special Interest Group). Parlo con la responsabile, una sciura molto texana che sia chiama Rhonda e le spiego della nostra idea (che nel frattempo con Paolo avevamo raffinato) di fare a SITE 2016 un simposio sulla World Education (che in effetti è un tema che piace a tutti, ma di cui nessuno, per ovvi motivi, vuole farsi carico). Lei appare entusiasta all'idea...ce la faremo? Vi farò sapere se il prossimo anno visiterò Savannah, la coastal pearl of Georgia.

A questo punto, finally alone, la mia idea è di folleggiare. Vado così con lo shuttle bus sulla strip e mi faccio una camminata infinita (maledizione a me che sottovaluto le distanze, che sono colossali, come tutto in questa città) fino ad arrivare al mitico Bonanza, il negozio di souvenir più grande del mondo...e per vedere le porte che mi si chiudono in faccia! Ma non mi arrendo, sarà mia meta questo pomeriggio. Faccio a questo punto un po' di turismo di alberghi: a Las Vegas, infatti, la cosa da vedere sono i mega alberghi: si può entrare, gironzolare, giocare al Casinò - ma io stavolta ho evitato - e andare al prossimo. Ecco qui una carrellata di follie:
Una  finta cascata al Wynn

Pavimento luminoso al SLS

Stratosphere

Un classico per finire: Fontana del Bellagio

-- UNA RIFLESSIONE GENERALE SU LAS VEGAS --
Per un europeo Las Vegas è assolutamente un posto incomprensibile. E' una non-città, di fatto un ou-topos, in cui la gente viene solo per divertirsi. Voglio dire, lo scopo di un viaggio a Las Vegas è di tuffarsi un una specie di carnevale permanente per adulti (fortunatamente i bambini sono davvero pochi), in cui le regole sono sospese, tutto è gigante, tutto è folle, è letteralmente obbligatorio ubriacarsi, giocare, divertirsi. Non a caso è l'unico posto dove si può bere per strada senza camuffare l'alcool nei sacchetti (e ci sono in giro ragazzotti con beveroni alcoolici alla frutta in bicchieri alti mezzo metro, non sto esagerando), si può fumare praticamente ovunque, compresi i casinò, si gioca, c'è la prostituzione diffusa, con uomini sandwich che vanno in giro coi cartelli "girls directly in your room" ad ogni passo. Per la nostra mentalità un posto dove per legge ti devi divertire e non hai altra scelta, è davvero difficile da capire. Ah e poi ci sono ragazze mezze nude in tutti i casinò. Alla fine la cosa non appare tragressiva, ma solo triste. Voglio dire, manca totalmente il mistero, la sensualità, la trasgressività della situazione. Vedi solo ste poverette mezze nude che servono la birra a dei vecchiacci schifosi che sono attaccati alle slot machines per ore e ore, Scarsa poesia, toro discendente.
Ah e poi tutti vogliono soldi, le maledette tips. C'è lo shuttle gratis dal Rio alla strip, ma se non dai un buck all'autista, ti guarda come un barbone. Prendi un taxi, il conto è 8 dollari? Gliene dai 10 e se li tengono. Mangi al bancone del bar, quindi tecnicamente non c'è servizio? Devi lasciare almeno il 18% di mancia. 
-- FINE RIFLESSIONE GENERALE SU LAS VEGAS --

La lunga camminata mi ha ucciso: decido di tornare in hotel...e mi addormento vestito alle 22,30! Che figura, altro che folleggiare, il quarantenne crolla tragicamente! E senza cena, per colpa del pranzo pantagruelico (ma stamattina mi sono alzato affamatissimo e non ho potuto resistere alla colazione americana con uova, bacon e patate arrosto!)

Vado a fare la valigia: vi aggiornerò presto con l'ultima puntata. E grazie a tutti quelli che stanno seguendo queste note: qualcuno mi ha scritto che le sta gradendo, e ciò mi fa davvero piacere!
Alla prossima!

Nessun commento:

Posta un commento