giovedì 5 febbraio 2009

Il triste caso che agita l'Italia in questi giorni...

Il caso della famiglia Englaro, sta agitando in questi giorni il paese, perché va a toccare un tema su cui è difficile esprimere certezze e ci mette a disagio, scoprendoci esplicitamente per quello che è l'uomo nel suo intimo più profondo, ovvero quello che Heidegger chiama l'essere-per-la-morte.
La morte, con la sua imminenza per tutti noi, quale condizione fondante dell'esserci ci costringe, anche in un'epoca per nulla portata alla riflessione filosofica, ma orientata al consumo "fast food" anche ideale, a fermarci e a riflettere sul tema che la morte è davvero, sempre per citare Heidegger, l'orizzonte in cui si iscrive la vita.

Fatta questa doverosa premessa, non riesco a capire come si possano esprimere certezze su questo tema, così difficile, così personale. Per una volta nella mia vita sono pienamente d'accordo col Presidente della Camera Fini quando afferma "io su questo caso non ho certezze", e mi sconvolge la sicurezza con cui il ministro sacconi (non riesco a capire sinceramente a che titolo) cerca di opporsi con ogni mezzo alla sentenza del Tribunale di Milano (e questo è già grave) ma soprattutto alla volontà della famiglia (e questo è intollerabile, perché l'ingerenza di un ministro nella vita della famiglia mi pare un evento da peggiore governo cinese...).
Non voglio poi commentare la sceneggiata di alessandra mussolini di ieri, perché davvero non è degna di commento - se non che, ahimé, è simbolo di un modo di pensare e purtroppo di agire che prende sempre più piede nella nostra "povera patria".

Mi lascia invece completamente basito l'intervento "a piedi uniti" delle gerarchie ecclesiastiche. Sembra davvero che desiderino mantenere un monopolio sul dolore esclusivo, totalizzante. Ma soprattutto, mi sembra, sono totalmente scollate dalla realtà dei fatti, distanti anche dal sentire genuino della fede di tanti credenti (magari da non credente non ho il titolo per dire una cosa simile, ma la mia sensazione è che anche molti credenti non riescano proprio ad accettare le affermazioni che in questi giorni i vescovi stanno propinandoci).
Tra l'altro (se ho capito bene, e citando anche un bel post di Tara), il motivo di questo battage ideologico sta nell'affermazione (riporto testualmente il blog di Tara)
Tu non puoi uccidere né te stesso né gli altri perché la vita non appartiene agli uomini ma a Dio, ed è dunque lui e solo lui che può decidere quando toglierla.

Questa affermazione mi genera troppi dubbi: qual è il confine tra chiamata di Dio a sé e l'opposizione dell'uomo? I tempi del "buon selvaggio" sono troppo lontani, se lasciassimo fare a Dio anche un'influenza o un mal di denti (come è accaduto per millenni) ci potrebbe ricondurre a lui. E invece, sin dalla notte dei tempi buoni cerusici hanno imparato a ritardare la chiamata a sé del Signore, sia dai banali raffreddori, sia da malattie molto più gravi. Questo è progresso, ma è progresso genuinamente umano, troppo umano. E allora se avessimo dovuto lasciare che Dio chiamasse a sé nel momento da lui ritenuto opportuno la povera ragazza, non avremmo dovuto, per nessun motivo, costringere i suoi genitori ad assistere a 17 anni di non-vita della persona per loro più importante, non avremmo dovuto costringere il povero signor Englaro (che ammiro profondamente per la sua umanità) a esporsi a questa corrida politico-mediatica (in anni come questi le due parole mi appaiono, drammaticamente, quasi sinonimi).

Io credo che la cosa migliore sarebbe - se fosse possibile - che (parafrasando Guccini) solo il silenzio regnasse tra le lamiere contorte di questa storia triste e drammatica. Vorrei che un po' della pietas tanto cara ai nostri antichi predecessori su questa italica landa prendesse il posto degli strepiti e della follia della vita-a-tutti-i-costi. Io immagino che il signor Englaro sia, in tutta questa confusa situazione, colui il quale sta soffrendo maggiormente. Mi piacerebbe che fosse accolto il suo appello al silenzio, e che ognuno facesse per suo conto le proprie riflessioni.

Poi, dopo, si faccia qualcosa a livello legislativo per tutelare il diritto a non accettare che situazioni come questa possano ripetersi. Se immagino che una cosa simile possa accadere a me, o a una persona che mi è cara, vorrei avere il diritto di rifiutare (mentre sono in grado di intendere e volere) di sottoporre chi rimane allo strazio di vedermi vegetare per anni. Chi crede che la vita debba essere difesa con le unghie e con i denti, a qualsiasi condizione sia libero di difenderla, ma sulla propria pelle, e chi ha idee diverse sia libero di perseguirle. Senza ingerenze da parte del governo, dei vescovi, o di chicchessia.

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